Cos’è il travaso del vino e come si fa

travaso del vino

Una delle attività fondamentali che si svolgono durante l’inverno è il travaso del vino.

La stagione fredda infatti è molto importante anche in cantina: i vini ricavati dalla vendemmia appena conclusa stanno attraversando la propria fase di riposo in recipienti in acciaio o legno.

Una volta conclusa la fermentazione, nel vino non si trova più il tipico movimento ascensionale generato dall’anidride carbonica, ma anche in questa fase avvengono alcune trasformazioni, fondamentali per determinare il carattere che avrà il vino.

Una delle più importanti tra queste trasformazioni è la maturazione delle fecce fini, ossia le cellule del lievito esausto che, in seguito alla morte, rilasciano sostanze che arricchiscono il vino di aromi.
Queste, per effetto della gravità, si depositano lentamente in fondo al recipiente che ospita il vino.

La fase di maturazione delle fecce fini (che tra gli addetti ai lavori vengono chiamate anche fecce nobili) conferisce al vino una maggiore resistenza alle ossidazioni e riduce notevolmente la necessità di usare l’anidride solforosa.
Per questo, in alcuni casi viene agevolata mediante il bâtonnage, un’operazione che consiste nel rimescolare il vino nel recipiente.

È proprio durante questa fase di riposo fermentativo del vino che è possibile procedere con il travaso.

 

Perché il travaso del vino è così importante

Il travaso del vino è un’operazione enologica fondamentale per la sua stabilità chimica e biologica e per la sua longevità.

Letteralmente, travasare significa spostare il vino da un contenitore all’altro, ed è così che si procede: in questo modo lo si separa dalle fecce e dai depositi di vario genere che si creano naturalmente dopo la fermentazione.

Lo scopo del travaso, infatti, è quello di pulire il vino dalle sostanze solide che si depositano sul fondo dei contenitori e da alcuni composti maleodoranti.
Questi ultimi sono responsabili di quello che in gergo viene chiamato “odore di ridotto”, che può dare al vino un sentore molto sgradevole di chiuso, di feccia, ma anche di zolfo o di uova marce.
Con una buona aerazione, queste sostanze possono volatilizzarsi e scomparire.

Dopo la svinatura, nel mosto rimane una sostanza solida costituita da frammenti di bucce e polpa dell’uva: questa sostanza è proprio la feccia grossolana di cui parliamo.
Al termine della fermentazione, questa si deposita sul fondo dei contenitori del vino, insieme alle cellule dei lieviti esausti, e mediante il travaso la si rimuove, scongiurando così la possibilità di odori e sapori difettosi, oltre che di malattie future.

Gestire il travaso del vino può essere piuttosto complesso, perché si basa su equilibri molto delicati.
Se infatti da una parte si cerca di ossigenare il vino, dall’altra un’ossidazione eccessiva risulterebbe dannosa.
Allo stesso modo, il vino deve restare a contatto con le fecce abbastanza a lungo perché queste favoriscano la sua fermentazione, ma un contatto troppo prolungato potrebbe generare odori e sapori sgradevoli nel vino.

La bravura del vignaiolo è proprio in questo equilibrio: deve infatti comprendere quando e come gestire i travasi.

 

Come procedere al travaso del vino

Ora che abbiamo bene in mente il motivo per cui il travaso del vino è così importante, bisogna chiedersi come procedere e quanti travasi siano necessari per ottenere un buon prodotto.

Il primo travaso dovrà essere fatto con l’arrivo dei primi freddi invernali, perché le temperature più basse rendono meno solubili i tartrati, ossia i sali di potassio, e compattano le fecce.
La giornata ideale per il primo travaso è fredda, asciutta e non ventosa.

Durante il primo anno dopo la svinatura, solitamente un vino viene travasato quattro volte:

  • il primo travaso tra novembre e dicembre, nel caso del vino rosso a distanza di due o tre settimane dalla svinatura;
  • il secondo travaso verrà eseguito tra febbraio e marzo, prima che le temperature si alzino nuovamente e portino con sé la ripresa dell’attività di lieviti e batteri;
  • il terzo travaso viene svolto tra giugno e luglio, o comunque prima del forte caldo estivo, che potrebbe favorire nuove fermentazioni;
  • il quarto e ultimo travaso si farà da settembre a ottobre.

Nel paragrafo precedente parlavamo di equilibri: bisogna infatti trovare il giusto equilibrio per le tempistiche e la frequenza dei travasi del vino.

Travasando troppo presto si rischia di perdere i metaboliti dei lieviti, come alcol e anidride carbonica.
Al contrario, travasando troppo tardi, il vino si carica di sostanze azotate, aumenta l’acidità volatile, diminuisce l’acidità fissa, e può sprigionarsi un cattivo odore a causa dell’autolisi dei lieviti.

Allo stesso tempo, è una buona cosa aerare il vino, ma un eccessivo contatto con l’ossigeno può essere dannoso per la sua qualità, motivo per cui non bisogna fare troppi travasi.

Naturalmente, tutti i vini sono diversi, e non tutti sopportano la stessa quantità di ossigeno, né tutti ne hanno la stessa necessità.
Solitamente, più un vino è delicato e povero di alcol, tannini e polifenoli, più deve essere tutelato dall’ossigeno.

Per proteggere il vino dall’ossidazione, inoltre, in ogni travaso si reintegra l’anidride solforosa, che con il passare del tempo tende a legarsi e a diventare inattiva.

Solitamente, il primo travaso viene fatto all’aria, mentre l’ultimo si fa protetto.
I travasi intermedi non seguono regole predefinite, ma si decide la modalità d’azione in base allo scopo.

In linea più generale:

  • Se il vino ha un cattivo odore ha bisogno di essere travasato. In alcune fasi può essere normale una leggera riduzione, ma gli odori sgradevoli sono un problema da risolvere. Generalmente il travaso all’aria è la soluzione.
  • Se l’odore del vino non è sgradevole, si può eseguire il travaso in seguito a una chiarificazione. In questo caso è consigliabile un travaso protetto.
  • Se il vino odora di uova marce o di aglio, probabilmente il travaso invernale è stato fatto in ritardo, oppure in modo poco accurato. Per rimediare, è necessario travasare all’aria, possibilmente utilizzando un imbuto di rame, che favorisce la riduzione dello zolfo, la causa di questi odori. In seguito, è buona norma integrare con anidride solforosa.

 

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